“In Rodi si trova del pescecane, o squalo. Persino se tu debba morire per averlo, se essi non vogliono vendertelo, prendilo con la forza. I Siracusani lo chiamano cangrasso. Ed una volta che lo hai avuto, sottomettiti pazientemente a qualsiasi destino ti sia stato decretato”. (Ateneo, I Deipnosofisti ).
Non deve stupirci la presenza dello squalo sulle tavole degli antichi Greci e non solo. Se si considera che attualmente nel Mediterraneo ci sono ben quarantadue tipi di squalo (!) è normale che fosse pescato appositamente o che finisse per sbaglio nelle reti.
Anche oggi i nostri supermercati sono pieni di buste di surgelati di filetti o tranci di verdesca. Al momento, almeno in Italia, ci stiamo risparmiando le zuppe con le pinne di squalo, ma nel suo insieme, il commercio dello squalo non è così basso. Poi, chissà se la carne di squalo (generico) non l’abbiamo già inavvertitamente assaporata insieme ad altro…(ma questo è un altro discorso).
Torniamo a noi: la prima ricerca sul cangrasso non ha portato troppi indizi convincenti, quindi per il momento proponiamo una ricetta utilizzando la verdesca.
Ingredienti:
Quattro fette di verdesca, olive nere e verdi, capperi, prezzemolo, uno spicchio d’aglio, una spruzzata di vino bianco secco, sale, pepe, olio extra vergine di oliva
Preparazione:
In una padella far insaporire un paio di cucchiai di olio con lo spicchio d’aglio.
Aggiungere le fette di verdesca, farle cuocere da tutte e due le parti, spruzzarle con un pochino di vino bianco. Aggiungere i capperi, le olive nere e verdi snocciolate. Lasciar cuocere qualche minuto regolare di pepe e sale e in ultimo unire il prezzemolo tritato.